Oggi sono davvero piccola, ancora più piccola di quanto non sia veramente.
Mi stringo nel mio sconforto, seduta senza speranza sul sedile dietro della
macchina.
I miei piccoli pugni asciugano le lacrime, riuscendoci tanto bene quanto male
riescano a nasconderle.
Dai posti davanti giungono delle voci: - Questo aeroporto è un vero labirinto -
... - Nessun problema, qui gli aerei decollano con qualsiasi tempo -
- Ecco, sta decollando adesso. -
Quest'ultima frase mi suona così diversa da come è stata detta.
- Pulcino, capisci che lei parte per sempre? -
- Ma no, non può capire...-
Mi stringo sul sedile fino a diventare minuscola. I piccoli pugni lottano ora
contro lacrime giganti, che non vogliono saperne di fermarsi, mentre i capelli
zuppi mi si appiccicano agli occhi.
Alya, tu per me sei sempre stata Alya. Niente "signora", niente "zia",
niente "lei". Mai nessuna barriera tra te e me, tra la generosità del tuo cuore e
la spontaneità del mio.
Una sola immagine attraversa la mia infanzia: tu apri le braccia, io mi ci getto
dentro.
Anche quando le tue braccia sono occupate, fiori, champagne... io mi ci butto lo
stesso!
Una sola domanda attraversa la mia infanzia: - Quando torna Alya? -
E tu? A cosa pensi tu ora, mentre decolli e lasci questo paese sapendo che non lo
rivedrai mai più? Forse i tuoi ricordi tornano indietro a cinque anni fa, al giorno
in cui ti sei trovata per la prima volta in questa città straniera, tutta sola in
un mondo sconosciuto.
Poi gli incontri, i nuovi amici, le nuove montagne, le nuove canzoni e le nuove
lettere...
Nuove lacrime di gioia, anche questo, certo. E nuove lacrime di tristezza.
Quante di tristezza, Alya, e quante di gioia?
E le nuove risate? Ricordi quel giorno, d'un tratto tutto il corridoio non era
altro che una grande risata. D'un tratto anche i muri non riuscivano più a
trattenersi, e d'un tratto... le risate si sono impadronite di te!
E poi più tardi, a casa, le risate si sono impossessate anche di me, un ridere
cristallino, luminoso, come può esserlo solo quello di un bambino.
Alya, ti ricordi come saltava la leprottina, come faceva la matta?
Ricordi come gridava da farti tappare le orecchie, mentre correva in tutte le
direzioni?
Ricordi come la sera tardi non c'era verso di metterla a dormire la leprottina?
Ma come si può dormire?! Quando c'è così tanto da fare, così tanto da raccontare!
Alya capisce.
Alya capisce meglio di tutti.
Ti ricordi del tam tam con le pantofoline, delle piccole braccia che si stringevano
al tuo collo, della bocca sdentata e sorridente, dello sguardo birichino che
bruciava d'estasi? Oppure, tutta sola sull'aereo, persa nel vuoto del cielo, tu
adesso vedi uno sguardo diverso, vedi altri occhi, occhi persi, disorientati, la
cui tristezza non ha età?
Ci pensi alla sfortuna di questa piccola anima in pena, stretta in un angolino del
sedile dietro di una macchina? A questo silenzioso ruscello di lacrime, che ora
scorre di nascosto, anche se Mosca non crede alle lacrime?
A questo amore infantile, il più puro, il più fedele, fragile, certo, ma mai
intaccato, un amore intero, sofferente come un amore adulto?
E tu lo sai. Certo che lo sai, Alya: anche le leprottine piangono...