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La stanza era piccola. I mobili, differenti per stile e forma, arredavano una
tipica camera in affitto per studenti. Era maggio ed era notte. La luce del
comodino accesa, il letto rifatto con impegno da lui (probabilmente un'ora prima),
i libri ordinatamente riposti sulla scrivania ed i vestiti piegati sulla sedia.
Ricordo che mi meravigliai di quanto tutto fosse al suo posto, perché lui era
irrimediabilmente pasticcione e disordinato, proprio come piaceva a me. Nonostante
sapessi che quella sera sarebbe successo, nulla andò come lo avevo immaginato.
La cena al ristorante sotto casa sua era stata un disastro. Gli avevo raccontato
della gita scolastica a Parigi e di un compagno di scuola che aveva tentato di
baciarmi sul letto della stanza d'albergo. Lui si arrabbiò ed io offesa per la
mancanza di fiducia, mi alzai e dissi:" Ti prego, andiamo".
Casa sua era al quarto piano senza ascensore, facemmo lentamente le scale e davanti
alla porta lui si fermò e disse: "Avevo immaginato una serata romantica e dolce, ma
adesso mi sento uno scemo con le antenne che ha rimesso a posto tutta casa per
farla trovare in ordine alla ragazza più speciale del mondo!" Lo abbracciai forte e
gli dissi che le antenne non le aveva e che ero felice della serata e di tutto il
resto perché ciò che contava nella mia vita era davanti a me.
Ricordo tutto. Lo sguardo dell'attimo prima, i vestiti intrecciati sul pavimento
perché tolti frettolosamente e le mie mani fra i miei capelli.
Non fu magico come credevo, ma fu bello e pieno di amore.
Quando mi riaccompagnò a casa mia pensai: " Dio, quanto lo amo".