- Al nostro incontro - E' la prima frase in italiano che ti sento dire da quando ci
siamo conosciuti.
E' successo circa dieci minuti fa, e ora sorrido mentre ti guardo riempire
nuovamente i nostri bicchieri con uno champagne che ad occhio e croce non era
previsto nel budget della tua serata.
So a cosa stai pensando. Annuso la timidezza tanto lontano quanto arriva il mio
sguardo. Cerchi di essere disinvolto, ma in realtà ti mette a disagio che tutti
intorno a te si stiano chiedendo perché io sia seduta proprio al tuo tavolo.
Non dovrebbe importartene, sai? Avrebbero lo stesso sguardo risentito con chiunque
altro al tuo posto.
A questo, però, sono sicura che non hai pensato.
E' strano. C'è qualcosa in te che mi attira. Qualcosa di insolito, che mi spinge a
parlarti di me più che a chiederti della tua vita.
Ti ho notato un paio d'ore fa, quando alla roulette è uscito il 23 e tu eri così
distratto che te ne stavi andando senza raccogliere le fiches della tua vincita.
Mi sono chiesta a cosa stavi pensando mentre lasciavi sul tavolo i tuoi
settanduemila franchi.
Ora l'ho capito.
Basta un secondo per trasformare un perfetto sconosciuto in una persona importante.
Solo che non succede spesso.
I nostri sguardi si erano incrociati, e il tuo aveva ceduto per primo.
Lo so, i miei occhi erano impenetrabili, al punto da far desistere qualsiasi uomo
dotato di buon senso.
Tu però non hai reagito come gli altri. Hai abbassato lo sguardo e sei diventato
triste.
Sembrava che per te tutto fosse diventato all'improvviso troppo pesante, che
persino i tuoi vestiti ti opprimessero come un'armatura. E in quel momento ho
capito che non mi avresti più guardata, nemmeno di nascosto.
L'ho capito mentre chinavi la testa, e la tua mano non reggeva nemmeno più il peso
di un pezzo di plastica da duemila franchi, che hai lasciato cadere sul ventitre
rosso con un senso di liberazione.
La pallina girava, ne ero quasi ipnotizzata. Poi una voce mi ha risvegliato.
- Rien ne va plus! -
Ho smesso di guardarti solo per qualche secondo, mentre quella piccola sfera
perdeva velocità e stava per essere catturata dalla roulette.
Quando è uscito il tuo numero ho sospirato. Ho alzato gli occhi su di te, ma tu te
ne stavi già andando.
- Monsieur? Monsieur! Vous avez gagné -
Sei tornato al tavolo imbarazzato, nascondendoti dietro ad un sorriso recitato a
memoria, che forse usi ogni volta che sei costretto a stare in mezzo alla gente
quando invece vorresti restare da solo.
Sapevo che saresti andato al bar. So riconoscere un uomo che ha voglia di bere.
Mi avevi vista. Ti piacevo. Qualcosa di me aveva fatto breccia nel tuo cuore.
Forse una somiglianza, o magari il mio accento. Sentivi la mia presenza, ogni mio
gesto ti turbava.
Stavi già immaginando il tuo film, dove forse io ero perfetta, dove finalmente una
storia diventava fiaba.
Poi il mio sguardo freddo ha spento la tua fantasia. La realtà ha schiacciato
l'immaginazione, ed io per te sono tornata ad essere una delle tante civette
leggiadramente appollaiate intorno ai tavoli del Casino'.
Ho rovinato tutto.
- Una vodka, per favore -
Il cameriere ti chiede se vuoi del ghiaccio, tu sorridi e fai cenno di no con la
testa. La sorseggi piano, così piano da farmi ricordare le feste di scuola, quando
la bevevamo con un cucchiaino da caffè per ubriacarci più in fretta, prima di
iniziare a ballare.
- Una vodka anche per me, grazie -
- Sempre senza ghiaccio? -
- Senza ghiaccio, sì -
Sono in piedi dietro di te. Hai riconosciuto la mia voce, eppure le tue spalle non
mostrano alcun segno di reazione.
Non voglio essere come le altre. Non voglio spegnere la luce che si è accesa nei
tuoi occhi. Tanti mi hanno guardata come mi hai guardata tu, ma nessuno aveva mai
abbassato lo sguardo in quel modo.
Per questo non rovinerò il tuo film, perché ora sei convinto che non ne sarò mai
l'attrice.
- Serata fortunata... - ed accenno un brindisi.
Tu ti volti verso di me, sorridi ma non rispondi.
Rivedo quella luce nei tuoi occhi, i nostri bicchieri si toccano prima di essere
svuotati d'un fiato.
- Ancora un bicchiere? - mi chiedi nella mia lingua.
Ti avevo sottovalutato. Hai colpito nel segno. Mi hai presa di sorpresa, proprio
quando pensavo di averlo fatto io con te.
Tutto questo mi piace. Mi permette di giocare il ruolo di donna che preferisco.
Tu che lasci intuire di potermi capire più in fretta di quanto io non desideri, ed
io che ti provoco per saggiare la consistenza della tua spavalderia.
Credo che questa cosa si chiami corteggiamento. Per me è come fare l'amore.
Abbiamo molto in comune. Di certo abbastanza perché tu capisca che non sto giocando
con te.
Così i miei gesti diventano ancora più naturali, e il mio corpo tende dolci
trappole alle tue frasi incerte nella mia lingua.
Ma come fai ad avere un'aria così trasognata?
Così di tanto in tanto guardo altrove, perché tu possa spiare la mia scollatura
senza sentirti in imbarazzo, mi giro verso i tavoli, per regalarti un centimetro in
più di pelle sotto alla minigonna.
Non smettere di desiderarmi. Non smettere di pensare che sia troppo bello per
essere vero.
Continua a guardarmi così, con quel presentimento fatale che qualcosa andrà storto,
che non mi avrai mai.
Io ho già deciso, ma non voglio che tu lo sappia ora. Tra un'ora sarò nuda davanti
a te e le tue mani scopriranno che esisto veramente.
I nostri corpi si cercheranno nel buio, mentre gli unici rumori del porto saranno i
passi di chi torna a casa.
- Ti va se ci sediamo a un tavolo? -
Sorrido ma non rispondo.
Tu richiami l'attenzione del cameriere - Una bottiglia di quello, per favore -
Con un'espressione da bimba capricciosa ti indico il tavolo dove voglio sedermi.
- Al nostro incontro -
E' la prima frase in italiano che ti sento dire da quando ci siamo conosciuti.
E' successo circa dieci minuti fa, e ora sorrido mentre ti guardo riempire
nuovamente i nostri bicchieri con uno champagne che ad occhio e croce non era
previsto nel budget della tua serata.
Prima del 23 rosso, naturalmente.
E di me.